La Musicoterapia


Brano tratto dal libro:Integrazione dei Saperi per la salute. a cura di Umberto Giani

di Silvana Noschese

Introduzione

Cos’è la musicoterapia? cosa e quante sono le pratiche che vanno sotto il termine musicoterapia? Ciò che colpisce profondamente chi si accinge ad affrontare lo studio degli aspetti della musicoterapia e delle esperienze musicoterapeutiche è la complessità degli orientamenti generali di questa disciplina, i presupposti e le modalità delle esperienze realizzate.

Musicoterapia

Introduzione

Cos’è la musicoterapia? cosa e quante sono le pratiche che vanno sotto il termine  musicoterapia?

Ciò che colpisce profondamente chi si accinge ad affrontare lo studio degli aspetti della musicoterapia e delle esperienze musicoterapeutiche è la complessità degli orientamenti generali di questa disciplina, i presupposti e le modalità delle esperienze realizzate. Una lunga preistoria precede la nascita della musicoterapia vera e propria;  la capacità quasi magica della musica di influire sul nostro mondo affettivo nonché  sul comportamento si perde nella notte del mito. E’ tra i più antichi mezzi terapeutici usati dall’uomo nella magia, nella religione, nella medicina. La sua capacità terapeutica nasce dal potere irresistibile che ha il suono nel penetrare e creare situazioni e cambiamenti nel comportamento umano in quanto capace di  provocare catarsi, di rilassare o stimolare il corpo. All’inizio i procedimenti di cura erano legati alla magia, alla religione e solo in seguito si sono basati sul pensiero razionale.

I primi dati dell’ utilizzo della musica come terapia si possono  far risalire al 1500 a.c. Nel Libro III della “Repubblica” di Platone, ad esempio, venivano descritti gli effetti dei diversi modi (dorico, frigio, lidio, misolidio, eolio, locriano e ionico) sull’animo umano; nell’Italia meridionale del Medioevo la musica e la danza, nella fattispecie la tarantella, venivano impiegate per combattere il delirio indotto dal morso, reale o immaginario, della tarantola. E’ dal 1700 in poi che la musica è passata da una utilizzazione esclusivamente magica e sciamanica ad una utilizzazione sempre più scientifica e tecnica. Tale trasformazione viene favorita dal diffondersi dei primi studi sugli effetti psicologici della musica; studi che seguono di pari passo lo sviluppo delle conoscenze mediche in psicologia e che portano a scoprire strette relazioni tra i ritmi corporei e quelli musicali, fino ad individuare effetti della musica sul respiro, sulla pressione sanguigna, sulla digestione.

L’utilizzo consapevole del suono nella relazione di aiuto si deve datare intorno al 1950, quando viene fondata negli Stati Uniti la prima associazione di musicoterapia, la NAMT (The National Association of Music Therapy), dopo che nell’Università del Kansas era stata utilizzata la musica a fini di riabilitazione per i reduci della 2° Guerra Mondiale.

In Europa, i primi sviluppi si ebbero nel 1958, in Gran Bretagna, con Juliette Alvin. In Italia, per lungo tempo, l’unico punto di riferimento è stato il corso quadriennale della Cittadella di Assisi; oggi, in diverse regioni le Associazioni di professionisti del settore operano e si occupano di formazione.

A Salerno da circa 20 anni sono in corso esperienze di musicoterapia coordinate da esperti dell’Associazione Laes (l’arte è salute) che operano in diversi settori e istituzioni:  scuole, asili nido, ospedali, case di cura, strutture di assistenza per la terza età, associazioni di volontariato.

Dal 2005  è stato istituito inoltre  un  corso triennale di formazione in Musicoterapia, in cui viene approfondito il M.D.T. (Metodo Dinamico Transdisciplinare) ad indirizzo relazionale, elaborato dal Prof. Loredano Matteo Lorenzetti.

Le possibili definizioni

Proviamo ora a entrare nel concetto di musicoterapia: “concetto ampio, con  implicazioni vaste e che si riferisce ad ambiti operativi profondamente diversi tra loro” (Postacchini).

Esistono diverse definizioni di musicoterapia: alcune evidenziano l’importanza degli elementi sonori e musicali, altre mettono in primo piano il rapporto con il paziente.

Scegliamo una definizione di carattere generale, una sorta di sintesi che possa rappresentarne contenuti ed efficacia insieme.

Per  musicoterapia s’intende  “l’uso di elementi musicali: suono-ritmo-movimento da parte di un musicoterapeuta o musicoterapista qualificato, con un singolo o un gruppo, in un processo che  faciliti la comunicazione, la relazione, l’apprendimento, la motricità, l’espressione, e/o altri rilevanti obiettivi terapeutici al fine di rispondere alle necessità fisiche, emozionali, mentali, sociali e cognitive” (Lorenzetti).

Può facilitarci il compito provare innanzitutto schematicamente a dire cosa non è la musicoterapia.

“La musicoterapia

non è un metodo alternativo alla educazione musicale

non è una tecnica finalizzata  all’apprendimento del linguaggio musicale

non è un’area aggiunta alle aree già esistenti della riabilitazione, in quanto essa, pur specificandosi e specializzandosi, si innesta dinamicamente nella concezione riabilitativa (e in quella terapeutica)

non è un settore che richiede una plurispecializzazione dell’operatore, poiché essa si integra nelle competenze del lavoro di èquipe

non è una pratica terapeutica che intende adoperare la musica alla stregua di una prescrizione di tipo farmacologico

non è un sistema di sistemi di conoscenze e di operatività che seleziona e sceglie un “punto osservativo privilegiato” e predeterminante, che esclude il soggetto stesso (e la sua personalità osservativa) dallo stesso scenario e progetto conoscitivo, riabilitativo, terapeutico

non è una istanza naif del processo relazionale né un momento di animazione della riabilitazione

non è un modo terapeutico di intervenire sulla sofferenza sempre e comunque opportuno e non dannoso

non è una invenzione riabilitativa e/o terapeutica personalistica avulsa dal, o improvvisata nel, contesto delle pratiche di intervento sulla sofferenza umana

non è un patrimonio di conoscenze e una pratica che possono essere introdotti nell’ambito preventivo, riabilitativo e terapeutico senza opportuna formazione

non è un’area scollegata e non comunicante con l’intero spazio dell’arteterapia e dell’intervento nella globalità dei linguaggi, così come non è scollegata della altre metodiche riabilitative terapeutiche (pur avendo propria specificità).” (Lorenzetti 1989).

 

Scopi e ambiti applicativi

Lo scopo fondamentale della musicoterapia è quello di migliorare la qualità della vita del “paziente”  utilizzando, accanto al linguaggio verbale, un canale comunicativo alternativo.

La musica (il sonoro) dal suo canto dà la possibilità di percepire ed esprimere  emozioni, sentimenti e stati d’animo mentre la terapia conduce al concetto di relazione tra due persone, di cui una è bisognosa di aiuto e l’altra cerca di fornire aiuto.

Il dialogo e la comunicazione vengono stimolati da un mediatore sonoro, che permette alla persona   di manifestarsi, di esprimersi e farsi riconoscere ed accettare attraverso il sonoro che lo contraddistingue.

La musicoterapia ha diversi ambiti applicativi: agisce nel settore della  prevenzione, educazione, socio-riabilitativo, terapeutico; si rivolge a  soggetti normali o affetti da handicap fisico o mentale, da deficit sensoriale, da disturbi della comunicazione, da demenza senile, dal morbo di Alzheimer, malati di AIDS, tossicodipendenti, autistici, schizofrenici.

Il setting, individuale o di gruppo, può accogliere sia adulti che bambini. L’operatore può operare in ambito privato, scolastico, istituzionale, medico e comunitario.

 

Metodi

Tra i diversi metodi operativi presenti in Italia c’è il Metodo Dinamico Transdisciplinare (MTD) sperimentato e teorizzato dallo psicologo-musicista dott. Lorenzetti.

Si intende per METODO,  la modalità utilizzata per cercare di raggiungere una conoscenza. Che consiste, da una parte, nella raccolta di dati attraverso l’osservazione e l’esperienza; dall’altra, nella formulazione di ipotesi e teorie da sottoporre a verifica.

DINAMICO, va adattato all’individuo nella sua unicità e storia evolutiva inteso come: unico, storico, irripetibile e non totalmente conoscibile.

1.            Unico: ognuno può vivere le stesse esperienze di vita in modo diverso in quanto diversa è la sua storia, diverso il rapporto che instaura con le figure parentali, diverso il modo di fantasticare e rielaborare gli accadimenti.

2.            Storico: l’individuo va considerato fin dalla vita prenatale, la sua evoluzione dipende da tutto ciò che è accaduto prima e sul momento attuale verrà costruito il suo futuro.

3.            Irripetibile: un evento che accade oggi, in una condizione di spazio/tempo, non è detto che accada domani nella stessa situazione.

4.            Non totalmente conoscibile: in ognuno, c’è sempre una parte che non si conosce, perché relegata nell’inconscio.

TRANSDISCIPLINARE: c’è un dialogo tra i  diversi ambiti di intervento (preventivo, educativo, riabilitativo, terapeutico) e le altre discipline dinamico-relazionali afferenti agli stessi principi.

Nella sua strutturazione il metodo prevede:

·     l’utilizzo dell’osservazione: valutativa, dinamica, e diretta e partecipe;

·     il lavoro in équipe, con supervisione;

·    la possibilità d’applicare il metodo in parallelo ad altri interventi o integranti altri tipi di interventi: fisioterapici, psicomotori, logopedici, socio-riabilitativo-integrativi, psicoterapeutici ecc

Nell’MDT la persona viene considerata nella sua ‘interezza’: l’altro non è  un ‘paziente’ da curare, ma una persona con cui collaborare nel proprio percorso di valorizzazione delle parti sane, dei potenziali, dei desideri, dai quali procedere per mobilitare energie e operare un progetto d’aiuto con il fine di migliorare la qualità della sua vita.

L’approccio riabilitativo si concentra sulle potenzialità del soggetto  disabile, sulle sue parti sane e sulle sonorità che produce. Spesso per queste persone suono e corpo, suono e movimento, suono e oggetto sono l’unico strumento, l’unico modo di rifiutare, di reagire, di mettersi in contatto con l’esterno. Rappresentano dunque una proposta, un segnale comunicativo della situazione vissuta. Dare una risposta a questi elementi vuol dire divenire un contenitore in grado di accogliere, fare proprie, elaborare queste proposte per restituirle al soggetto arricchite di senso e di valenze comunicative.

Nell’ottica musicoterapeutica, il discorso sulla suono/voce si colloca in un’area intermedia (parafrasando Winnicott) tra la suggestione della creazione artistica e la scientificità del sapere. Essa ha qualcosa sia della creazione artistica che dei procedimenti tecnico scientifici.

Ascolto, canto, uso di strumenti a percussione per facilitare l’espressione ritmico, gestuale, stimolare la creatività, abbinare lo stimolo sonoro ad altre forme espressive artistiche: arti figurative, danza, teatro per  innescare un processo comunicativo interpersonale.

Il musicoterapeuta deve essere in grado di gestire l’ascolto e l’espressione dei codici della comunicazione non verbale. Ogni punto cieco nel riconoscimento dell’identità sonora del musicoterapeuta – afferma Postacchini – sarà un punto cieco nel riconoscimento dell’identità sonora del paziente! Se il musicoterapeuta è in grado di osservare, sa realizzare anamnesi profonde e dettagliate della storia sonora del paziente e sa riconoscere la propria storia sonora, il percorso sarà più facile.

Il compito del musicoterapeuta è quello di raccogliere i messaggi emotivi espressi “musicalmente”; per fare ciò egli ha come guida (forse unica bussola) quello che « sente», ciò che il sonoro evoca attivando, conservando, inventando o sviluppando ciò che risuona… nella relazione. Deve solo imparare ad …ascoltare!

Quali componenti musicali stanno alla base del dialogo emotivo, in che senso sono leggibili/letti dal terapeuta e come si può ottenere un’ “armonizzazione” attraverso il parametro vocale musicale?

Come afferma Guerra Lisi: “i fattori musicali, interni al flusso sonoro della parola e leggibili in senso terapeutico, sono il ritmo, l’intonazione, la vivacità e il colore, la pausa significativa, in definitiva quei tratti prosodici che diventano flusso affettivo, emotivo, razionale, intenzionale”

Se fare terapia significa ”lavorare dal di dentro” utilizzando tra gli altri elementi la sintonizzazione di tipo empatico per favorire un lavoro di ricostruzione interiore, nel percorso terapeutico l’altro è coinvolto in un gioco di proposte e risposte in cui “il materiale sonoro diventa il risultato di questa condivisione corrisposta empaticamente dal terapeuta”.

L’incontro con l’altro attraverso il suono, voce, musica, ritmo e spazialità del mondo può consentire di riannodare un filo, di creare una continuità, mantenere un legame, generare un «senso» dell’altro in noi…

Bibliografia

  • Ferrari A, Proposte riabilitative nelle paralisi cerebrali infantili, Quaderni di psicoterapia Borla ed. Roma, 1994
  • Garcia M.-E.,  Setting altrove in AAVV Quale scientificità per la musicoterapia: i contributi della ricerca : atti del V congresso Nazionale di Musicoterapica, Assisi, 2003
  • Postacchini Ricciotti Borghesi, Lineamenti di musicoterapia, Nuova Italia Scientifica, Roma, 2000
    • Raglio A., Intervento di musicoterapia ad indirizzo psicodinamico con pazienti  psichiatrici, Phoenix Roma, 2002
    • Lorenzetti L.M., Dalla educazione musicale alla musicoterapia, Zanibon-Ricordi, Milano, 1989, pp. 15-105.
    • Lorenzetti L.M., (a cura di), Nevrosi infantili e musica, P.C.C., Assisi, 1985, pp. 190.
    • Lorenzetti L.M., (a cura di), Musicoterapia e strutture sociosanitarie di territorio, Ancona 2010
    • Lorenzetti L.M., (a cura di), Luoghi e forme della musicoterapia, Unicopli, Milano, 2010
    • Lorenzetti L.M., (a cura di), La dimensione estetica dell’esperienza, Angeli, Milano, 2000
    • Lorenzetti L.M., Il divenire estetico della mente, Montefeltro, Urbino, 2002, pp. 61.